BEPPE COSTA SCEGLIE il VIAGGIO, LECCE

Mancava da tanto al mio cuore qualche giorno di quiete, dove la scrittura fosse l'unico lavoro. Mi è riuscito.


piazza del Duomo di Lecce



Quando Cerasella, la signora rumena, esce da casa mia, dopo appena due ore di lavoro, ho l’impressione di non abitare più nella mia casa. Tutto in ordine e pulito. Forse è per questo che molti (come me) preferiscono la solitudine? O meglio, il vivere da soli. Quante coppie passano il loro tempo con i loro figli nelle loro belle case e quante le tengono in ordine da sé? E quanti gioielli e bollette da pagare solo per tenere una casa?
Per l’auto è diverso, molti si alzano all’alba di domenica per pulir fino in fondo con aspirapolvere, stracci magici. Ma questa ci porta in giro e la mostriamo agli altri che ‘vedono’ chi siamo. Degli stronzi che firmano cambiali e fanno leasing folli per far vedere chi sono io!? Loro!
Quando esco da casa trovo sempre un gruppo di stranieri che si sposta ai miei capelli bianchi per darmi il passo, vado piano per godere che sono vivo e posso guardare ciò che ancora non abbiamo massacrato e c’è sempre qualcuno con il cellulare in bocca (in attesa di cancro) , una mano sul volante e mi apostrofa con ‘stronzo’ o ‘cornuto’, secondo come si sente o se la squadra del cuore ha vinto o perso “e vedi de’ cammina’”.
Voglio morire lentamente, con la musica dolce che mi guida ma devo affrontare il popolo che mi ospita e che corre sempre. Malgrado non sa dove va.
Così, ospite, sono andato per quattro giorni a Lecce, da un’amica, anzi da qualcuno che considero come un’immagine del mio cuore: “Virginia Woolf”, Camille, presso ‘Casa Elisabetta’.
La titolare Kantie (vuol dire, non a caso, illuminazione, dato dalla nonna) dello Sri Lanka, con le sue quattro lingue ben parlate (esattamente come gli italiani imparano nelle nostre scuole, solo il dialetto, anzi il ‘nativo’) capì subito, poiché cercavo una penna che dovevo essere uno scrittore e non il lettore del contatore della luce.
Il giardino del “B&B” mi fu complice da ‘scrittura’ e il fatto che lei avesse cura di offrirmi del tè e di capire che non prendessi zucchero e che mi alzassi presto a vedere gli stupendi monumenti barocchi della città. Forse ignorati dai cittadini che, per fortuna, non camminandoci molto, consentivano il mantenimento di una grande pulizia.


Dalle sei alle otto ho camminato a lungo per le strade di questo splendido moumento pieno di lavori in corso e privo di attrattive culturali, come certi ospedali che hanno 20 giardinieri e non hanno soldi per infermieri o per pagare straordinari a medici, dove per una mammografia bisogna attendere un anno mentre il cancro va veloce come un uragano. Ma questo è altro discorso.
Le parole di Kantie furono poche ma mi bastarono a capire che sapeva più lei degli americani che qualunque italiano, da D’Alema in su, per non dire di Veltroni. Degli americani, della loro potenza e del loro essere padroni. Brava Kantie, vorrei sapere quali programmi e giornali leggi che li consigliamo a politici, turisti e a tutti gli storici filo berlusconiani.
Torniamo a bomba (non intelligente in questo caso)
Con tavolino nel piccolo ingresso mi ha concesso tregua, persino il caldo si è tirato indietro, Lecce si esibiva al mare. La sera, come tutto il paese, anche la città nelle vie del centro, bellissime e ben curate, esponeva le pance, le tette, i gioielli, acconciature e tonnellate di seni alla ‘silicon valley’. Uno stupendo incedere da paese antico che cerca moglie o marito o nuovo compagno (non politicamente scorretto) per pagare le spese, mantenere un livello di vita soddisfacente e per figli d’altri. Negozi belli e vuoti, e quello di Giusy, come tanti che si trovano a Taormina e Capri, deserto. Niente turisti!
I bar aprono alle dieci, i tabaccai quando gli pare e la libreria mondadori alle 11. Chiudendo a mezzanotte. Ma chi ha bisogno di libri? Non ho controllato di sera se fosse affollata.


Via Vignes, 15 rimane nel ‘cuore’ insieme a Kantie, (e a colei che per me ha scelto, con accortezza e gioia) e per qualche giorno mi sono sentito re. Una piccola orda selvaggia vociante interrompe per qualche minuto la quiete ma, quella inserita nella mia pancia rimarrà per sempre. Tornerò. Accettando di buon grado di inaugurare la mostra di pittura curata da Raffaele de Salvatore a novembre. Chissà se il clima più fresco renderà la cittadina sporca e i passanti meno svestiti, dimodoché ci si possa soffermare sulle loro curve e immaginarle, come un tempo, quando l’immaginazione era più potente ed eccitante dell’immagine.










Pescoluse, Marina di Salve (LE)