beppe costa sceglie: Alessandra Celletti o della musica a “colori"


Confesso che ho avuto e ho molte difficoltà a scrivere di una musicista che è diventata parte integrante delle mie giornate, senza quella scomodità di mettersi nel traffico, uscire di casa, stringersi fra la folla.
Così, anche grazie alla rete, in ogni momento vivo circondato da una musica che riesce a colorare le buie giornate invernali e di pioggia, ma anche rendere gradevoli quelle quando il caldo sembra stroncarti.
Lentamente in questi ultimi anni, appassionato da sempre di musica, ho scoperto ogni angolo possibile visitato da Alessandra: una continua scoperta di quell’universo sconosciuto e impossibile da frequentare se non si è muniti di orecchie ‘oltre’ e di una grande anima capace di accogliere ogni minimo mutamento che nell’universo, appunto, accade.
Ed è così che ho iniziato a scrivere ascoltando tutti i brani composti da lei e da altri, ma sempre da lei eseguiti.
Spesso nella musica quando si eseguono grandi autori ci si confronta ed è in questi momenti che la tecnica può sopravanzare l’abilità.
Certo l’autrice ha studiato sin da piccola il pianoforte, lasciando però uno spazio più che ampio alla fantasia e al cuore, in sostanza alla magia tante volte narrata nelle fiabe.
Chi ricorda quando la Rai trasmetteva (questo era il suo compito) danza, teatro e musica, limitandosi invece oggi a un concerto, detto appunto di Natale? Si potevano ascoltare le genialità di Glenn Gould, unico che mi sentirei (non solo io) di accostare all’abilità, alle sonorità e alle invenzioni di Alessandra Celletti, visibili ancor più nei concerti dal “vivo”.
Altri, anche molto più celebri (Morricone, Einaudi) scoprono un brano che riesce a colpire la sensibilità di molti e poi non faranno che ripetere la stessa linea armonica sino alla nausea, per anni o decenni. Come accade per telefilm e sceneggiati che diventano culto e pane quotidiano - non occorrendo alcuno sforzo - mentre per la verità hanno ‘inventato’ solo un pezzo, efficace, certo e soprattutto essenziale alla loro carriera.
Ma nulla a loro desidero togliere o contestare, tant'è. Ci s’è fatta l’abitudine.
Ma qui siamo oltre, siamo altrove, come dicevo, in un universo senza fine o confini, come a pochi accade (e cito non a caso René Aubry, altro splendido capolavoro di musica a colori e circolare).
La tecnica, certamente posseduta da Alessandra lascia quindi il posto alla magia, alla fantasia, all’invenzione che, ogni volta trasforma e trascina allo stesso tempo chi, ha avuto anche la fortuna di ascoltarla dal vivo.

A questo si aggiunge il ‘carattere’, giocoso ma allo stesso tempo duro con se stessa, sorridente ma attenta alle ‘buche’, insomma con la consapevolezza che, chi sceglie di dedicarsi all’arte nel nostro paese non debba aspettarsi riconoscimenti che non siano vissuti e sofferti sulla propria pelle ma, questo ad Alessandra (che sa) né a me importa molto.
Ciò che conta è ciò che offre a noi e a se stessa: la musica come vita e vitalità, come strumento (in questo caso il pianoforte) come parte del proprio corpo che, diventa però anche estensione infinita.
Si può conoscere meglio e più accuratamente leggendo il libro “Paraphernalia”, curato da Massimo Marchini, un inno alla gioia e alla personalità della Celletti, uscito contemporaneamente allo splendido cd “Sustanza di cose sperata”.
Tanti i suoi dischi e tanto diversi l’uno dall’altro, perché come scrivevo l’artista non ama fermarsi a qualcosa che ‘funzioni’, bensì si cimenta e sperimenta altri modelli e stili, dedicando ampio spazio all’esecuzione di musicisti quali Philip Glass “Metamorphosis” , o Galluppi, Roedelius fino al più recente Gnac “The Red Pages”, dove un’atmosfera francese prende il posto di quelle inglesi e americane già presenti in altre opere.
Come lei stessa scrive vive nel suo ‘disordinato ordine’: fra fiaba e realtà dove fra il pianoforte si trovano animali veri e di stoffa in una sorta di vortice di colori che prendono parte essenziale nella sua musica.
Ultimo lavoro già in prenotazione in esemplari numerati e firmati “Sketches of Sacagawea” e “The Red Pages”, insieme a Mark Tranmer, atmosfere ancora una volta diverse e uniche.ACAGAWEAETCHES OF SACAGAWEA
Posso affermare con pochi dubbi che ci si trovi davanti a una dei più grandi musicisti di tutti i tempi, proprio perché la strada percorsa, sebbene abbia avuto un inizio, non si prefigge la fine: un sentiero all’infinito verso quell’orizzonte che appare, ma che mentre cerchiamo di raggiungere, si allontana sempre più e ogni composizione aggiunta sarà un albero che ne illumina e colora il percorso.
Beppe Costa

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