Come campa un poeta, di Iago

Una frase pronunciata tempo fa da Gregory Corso “per un poeta è impossibile praticare un lavoro normale, i poeti non dovrebbero lavorare, non riescono a mantenersi un’occupazione stabile”.
Bene condivido.
Sono stato assunto e licenziato una miriade di volte. Quelle parole spesso rimbalzano tra i miei due neuroni; un bel giorno indosso il costume da mare, esco in giardino, assumo la posizione vitruviana e aspetto. C’è un sole forte e chiaro, aspetto.
Passano i minuti, aspetto. Un’ora abbondante, mi cola il naso; eppure non sono raffreddato. Verifico con la mano, il setto si sta squagliando (per fortuna che non è un otto), il progetto primo caso di sintesi clorofilliana umana decade, rientro di corsa in casa.
Rifletto.
Ho fame, la scossa eliaca stuzzica lo stomaco. Apro il frigo, diavolo ancora luce. Sembra di essere sotto una lampada abbronzante, l’elettrodomestico è vuoto; bello ma vuoto. Cambio umore. Il piano B prevede la partecipazione a concorsi con montepremi in denaro. I due neuroni scintillano: inizio la ricerca.
Mi sembra appropriato verificare i vincitori delle passate edizioni: Maffia, Rondoni, Spaziani (un amen per lei), Damiani e compagnia. Hum… non discuto il valore, ma che se ne fanno di 500 o 1000 euro.
Rifletto però ho fame.
Mai deprimersi.
Iago in un liceo
Riesco in giardino, strappo della cicoria la ripasso (e chi se l’è mai scordata). Accendo la sega elettrica per tagliare il pane, è talmente avanzato che bussa alla porta di casa. Mazzetta e scalpello per togliere le croste più dure. Finisco il pranzo.
Una chiamata al telefono.
“Pronto (e mica tanto)”
“Ciao caro ti volevo invitare ad un evento letterario che si svolgerà a Rieti, tra due settimane, si farà di notte, però… sai come vanno queste cose… be’, insomma i fondi non ci sono… la crisi.”
I due neuroni rivolgono il pollice verso il basso, rifiuto. Mai demordere.
Vado in paese, parlo con l’assessore alla (s)cultura. Chiedo l’autorizzazione per svolgere un piccolo evento di poesia, lui sembra contento “ bene, bravo; però… sai come vanno queste cose… be’ insomma i fondi non ci sono… la crisi.”
“Hum, ma guarda mi sa che è parente di quello che ha chiamato ieri.”, dice un neurone all’altro, poi il colpo di cena… pardon ho dimenticato la s, “ci sarebbe una quota da versare per occupazione suolo pubblico, pari a 250 euro”.
Mi teletrasporto a casa, l’assessore ancora mi sta cercando e ricordo le parole di mio nonno, grande idolo dei miei sogni che con dolcezza infinita mi disse “nepò c’hai du’possibilità: fatte prete o delinquente.”
Io risposi “a nonno e no, me posso buttà n’politica”
“appunto”, disse lui, “sempre de’ delinquenti parlamo”.

Ancora le frasi del ribelle beat riaffiorano, io, poeta incicoriato spesso me la canto: caro Gregorio io ce provio ma se continuo così ce muorio”

Iago