Alejandro Jodorowsky, Verso l'effimero panico, Pellicanolibri, 1978

Brano tratto da: Arrabal, Jodorowsky, Topor, Panico, edito nel 1978 da Pellicanolibri.
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Questo brano è stato scritto dall'Autore nell'ottobre del 1965



Alexandro JODOROWSKY

VERSO L'EFFIMERO PANICO
O
TRARRE FUORI IL TEATRO DAL TEATRO


Sino ad ora il teatro non ha trovato mezzi di espressione suoi propri; si è manifestato con la mediazione di una lingua letteraria, pittorica, scultorea, musicale o architettonica; ha copiato in modo rudimentale la filosofia e la teologia. Questa confusione nasce dal fatto che si considera il teatro come un'“Arte” e si pretende di attribuirgli il “carattere durevole” delle altre arti. Gli uomini di teatro hanno sentito con angoscia il carattere non durevole delle loro opere e l'impossibilita di una rappresentazione perfetta. L'attore cambia, invecchia, muore; i costumi si logorano, gli apparati scenici si distruggono, le gole diventano rauche; un riflettore si guasta, un oggetto sparisce all'ultimo minuto, si dimentica un verso, un ventre finto cade.
Sommando gli elementi di una rappresentazione si ottiene sempre una risultante distinta da quella delle altre rappresentazioni. Gli sforzi per creare un rituale che possa ripetersi come un meccanismo, sono accompagnati ogni volta da un'anti-trama di “errori”: accidenti che giungono sempre come ombre, che gli uomini di teatro combattono perché li considerano delle “imperfezioni”: errore, questo, che fa loro disprezzare l'essenza stessa del linguaggio teatrale che e:
LA PROVOCAZIONE DEGLI ACCIDENTI


Fando e Lys film di Jodorowsky (1968) dal testo
di Arrabal. Producciones Panicas S.A.

Il teatro deve poggiare le sue basi su ciò che fino ad ora è stato definito “errori”: l'accidente effimero.
Accettando il suo carattere effimero, il teatro troverà ciò che lo distingue dalle altre arti - e, per la stessa via, la sua essenza. Le altre arti lasciano pagine scritte, registrazioni, tele dipinte, volumi: oggetti-tracce che, col tempo, finiranno per cancellarsi, ma attraverso un processo lentissimo. Il teatro invece non sopravviverà neanche a un solo giorno della vita di un uomo. Man mano che nasce, dovrà morire. Le sole tracce che potrà lasciare resteranno incise nell'essere umano e si manifesteranno con un mutamento psicologico. Se lo scopo delle altre arti e di creare delle opere, quello del Teatro sarà di cambiare l'uomo direttamente: il Teatro non è un'Arte ma una Scienza della Vita.
Se stabiliamo un rapporto tra relazioni pittoriche e relazioni teatrali, noi siamo in grado di dichiarare che l’“effimero” panico ha il compito di abbandonare la figurazione e l'astrazione per giungere a una manifestazione concreta.
I Teatri primitivi, classici, romantici, simbolici, ecc., corrisponderebbero alla figurazione. Il teatro contemporaneo di Beckett, lonesco, Adamov, Tardieu, Genet, corrisponderebbe all'astrazione. L'astrazione in pittura non ha mai smesso di raffigurare sia l'essenza di oggetti reali sia gli stati emozionali.
Allo stesso modo non hanno smesso tale raffigurazione coloro che appartengono al teatro astratto. Gli autori che ho nominato, scrittori innanzi tutto, continuano a creare “personaggi”, “età”, “simboli”. Sviluppano problemi filosofici, emozionali, morali, ecc. Prima di cominciare a scrivere, posseggono già un “messaggio” determinato (formulato in termini negativi), ed esprimono attraverso le loro opere ciò che credono di essere o ciò che credono di credere. Gli attori che interpretano questi testi continuano a “imitare” dei personaggi, a sfigurarsi con ceroni, parrucche e ventri finti, a ripetere lo stesso testo, gli stessi gesti e gli stessi sentimenti. Si muovono davanti a spettatori seduti e non abbandonano l'ossessione di considerare le loro attività teatrali come un mezzo di esibizione narcisistica, sforzandosi di essere “i migliori interpreti”.
La nuova tendenza plastica, la concreta, tratta la pittura come un oggetto; non rappresenta sulla sua superficie, in maniera più o meno stilizzata, un oggetto esterno al quadro; lì una macchia è una macchia; un uccello morto è un vero uccello morto e il colore non simboleggia stati spirituali o “temperamentali” - ma non esclude neanche la possibilità del simbolo. Le superfici a due dimensioni “non esistono” ; possiamo lacerarle, coprirle di oggetti e di materia, crear loro una profondità. I limiti tra pittura e scultura divengono ambigui e ciò che il pittore produce è un “oggetto plastico” nel quale impiega non soltanto materiali destinati alla pittura tradizionale ma anche pezzi di realtà subordinati alla plastica - senza che questi perdano nulla della loro individualità, sia letteraria, sia musicale, ecc.
Per differenziare più chiaramente queste tendenze, vediamo il problema della violenza. L'astratto ricreerà questo sentimento per mezzo di colori, linee e volumi.
Al contrario il concreto strapperà la tela o schiaccerà un meccanismo identificabile, non rappresentando così la violenza ma lasciando i segni di un atto reale.
In sintesi: il primo esprime l'atto, il secondo lo compie.
L'“effimero” panico ha come obiettivo di esprimersi con mezzi concreti superando la figurazione e l'astrazione per recuperare al suo mondo ogni sorta di materiale e di atti in precedenza chiamati non-teatrali. Tutto è teatrale e niente lo è. I limiti tra l’“effimero” e la realtà si fanno fluidi quanto quelli tra pittura e scultura per i concreti-plastici. Ci vorrà nell'“effimero” panico una scelta realizzata in stato di euforia determinata.
Per comprendere i fini dell’“effimero” panico, occorre conoscere la filosofia panica. Compito difficile, poiché il panico e innanzitutto azione. Il pensatore panico è un guerriero e l'atleta panico un creatore spirituale. Vi sono uomini capaci di pensare in modo panico ma incapaci di agire allo stesso modo; d'altra parte vi sono quelli che agiscono in modo panico ma senza pensare; il vero uomo panico tende all'idea-azione. Per questo motivo è antipanico redigere manifesti. L'unica possibilità di chiarimento rimane negli AFORISMI E NELLE AFFERMAZIONI.

... L'uomo “non esiste”, egli “sta esistendo” .
... L'intelligenza panica è capace di affermare due idee contraddittorie nello stesso tempo, di affermare un numero infinito di idee, di non affermarne alcuna.
... Il pensiero, prima del panico, produceva l'ANGOSCIA e conduceva alla SOLITUDINE. Il panico, invece, produce l'EUFORIA e conduce alla FESTA COLLETTIVA.
... L'uomo panico non ha stile; li ha tutti.
... L'uomo panico agisce nella realtà dando fondo a tutte le possibilità. Ciò significa che davanti a un problema non vede una sola soluzione ma un numero infinito di soluzioni.
... L'uomo panico è “per tutto”: per il costruttivo e per il distruttivo nello stesso tempo.
... L'uomo panico pensa e agisce per strutture, non per definizioni.
... L'uomo panico pretende che non intercorra alcun lasso di tempo tra il desiderio e la realizzazione di questo desiderio.
... La lingua scritta non può essere panica; per esserlo deve integrarsi in un insieme corporeo, vocale, spettacolare; essere un elemento della festa panica.
... Tutte le attività artistiche sono insomma frammenti della sola vera manifestazione panica:
LA FESTA-SPETTACOLO.
... Nella festa-spettacolo, niente viene ripetuto una seconda volta. Vi si distruggono oggetti in massa, se ne costruiscono altri e di tutte le specie; il pubblico è stato eliminato.
... I concetti di “dignità”, di “rispetto” e di “pudore” non appartengono all'uomo panico. Né egli stesso si riconosce indegno, impudico o irrispettoso.
... Il panico cerca l'unità utilizzando la mancanza di unità, lo squilibrio, la contraddizione volontaria, la discontinuità del ritmo, “il brutto”, e rompe con l'atavismo della “composizione”.
... Il panico vede il tempo non come un succedersi ordinato ma come un tutto in cui le cose e gli avvenimenti si presentano in una mescolanza euforica.
... I giornali sono panici: offrono nello stesso tempo la foto del Papa e di Sofia Loren, di Krusciov e di Jack Palance o del criminale alla moda: tutto coesiste, tutto viene affermato.
La nostra generazione attuale è un CIRCO in cui i personaggi si dividono in “augusti”, clown e pubblico. L'uomo panico è il clown; il cittadino che afferma una sola idea alla volta, cerca una sola soluzione per ogni problema e crede di “essere”, è l'augusto; l'immensa massa di sfaccendati inerti e il pubblico. Tuttavia ogni pubblico è un “augusto” in potenza e ogni “augusto” può evolversi in clown perché il mondo è panico... Vi sono gradi differenti: lo spettatore occupa il più basso; l’”augusto” sta più in alto e man mano che è capace di vedere le sue idee, le sue azioni, i suoi sentimenti nelle loro ombre molteplici e contraddittorie, sale fino a divenire clown, uomo panico che ingloba tutto il circo con le sue varietà, che vede l'universale festa panica e s'immerge, si sommerge in essa.
... Il cielo è panico. La materia e l'antimateria sono paniche. Il fondo del mare è panico. I fumetti sono la poesia panica. La televisione è panica. La propaganda commerciale è panica. La pornografia è panica. La scienza attuale è panica. La fantascienza è panica. La “cocotologia” è panica. Il jazz è panico. I musei sono panici. La gastronomia è panica. La poligamia è panica, ecc.
... Tre ingredienti panici: euforia, humour, terrore.
... Per l'uomo panico tutto è bello, anche il bello.
... L'uomo panico tende a organizzarsi in bande. Se l'azione è collettiva, lo è anche il pensiero. Il panico cerca di eliminare il pensiero individuale.
... Le geometrie non euclidee sono paniche. Ma la geometria euclidea è panica quando la si esamina nell'insieme di tutte le geometrie. Euclide, Aristotele e Newton sono “augusti”.
... L'uomo panico non “possiede”, non “conserva”, non “economizza” e neppure elabora piani.
... Motto panico: la festa sono io e io, siamo noi.
... Ecc.
Per giungere all'euforia panica occorre, prima di ogni cosa, liberarsi dell'edificio/teatro. Dal punto di vista architettonico i teatri, qualunque forma prendano, sono concepiti in funzione della esistenza di attori e spettatori: essi obbediscono alla legge primordiale della recita, che è quella di delimitare uno spazio, cioè isolare la scena dalla realtà, e impongono (principale elemento antipanico) una concezione a priori delle relazioni dell'attore e dello spazio. L'attore deve servire innanzi tutto l'architetto e immediatamente dopo l'autore. I teatri impongono movimenti corporei, che altro non sono che il gesto umano determinante l'architettura.
Con l’eliminare lo spettatore nella festa panica, si eliminano automaticamente la “poltrona” e la “recita” dinnanzi a uno sguardo immobile. Il luogo in cui si svolge l’“effimero” è uno spazio mal delimitato, in modo tale che non si sa dove comincia la scena e dove la realtà. La “banda” panica sceglierà il luogo che più le sarà gradito: un terreno abbandonato, un bosco, una pubblica piazza, una sala operatoria, una piscina, una casa diroccata o anche un teatro tradizionale, ma usandone tutto il volume: manifestazioni euforiche tra le poltrone, nei palchi o nei gabinetti, invadendo i corridoi, le cantine, il ridotto, i tetti, ecc. Si può anche realizzare un “effimero” sotto il mare, in un aereo, in un treno espresso, un cimitero, un reparto di maternità, un mattatoio, un ospizio per vecchi, una grotta preistorica, un bar di omosessuali, un convento, durante una veglia mortuaria. L’“effimero”, essendo una manifestazione concreta, non può presentare problemi di spazio e di tempo.
Lo spazio ha dimensioni reali e non può simboleggiare un altro spazio: è quello che è in quel medesimo istante. Lo stesso vale per il tempo: non vi si può rappresentare un'epoca.
Il tempo che trascorre è effettivamente quello delle azioni realizzate in quel momento.
In questo tempo reale e in questo spazio oggettivo si muove l'ex-attore. L'attore è un uomo che divide la sua attività tra una “persona” e un “personaggio”. Prima del panico si potevano annoverare, in maniera chiara e precisa, due scuole teatrali: nella una la persona-attore doveva fondersi completamente con il “personaggio”, dissimularsi a se stesso e agli altri con una tale maestria da arrivare a smarrire la sua “persona” per divenire un altro, un personaggio dai limiti più angusti, fabbricato a colpi di definizioni. Nella seconda scuola si impegnava a recitare in maniera eclettica, di modo che l'attore, pur rimanendo persona, era nello stesso tempo personaggio: in nessun momento la persona doveva dimenticare che stava recitando anzi le era permesso, durante la recitazione, criticare il personaggio.
L'ex-attore, uomo panico, non recita in una rappresentazione, ed ha eliminato del tutto il personaggio: nell’“effimero” l’uomo panico si sforza di arrivare alla persona che sta per realizzare.
Fare interpretare un ruolo, è questo che piace ai drammaturghi. Capita spessissimo che sulla scena se ne costruisca un'altra in cui altri attori recitano davanti a quelli della scena originaria.
Il panico ritiene che nella vita quotidiana tutti gli “augusti” camminano travestiti interpretando un personaggio e che lo scopo del teatro è proprio quello di far in modo che l'uomo la smetta di interpretare un personaggio davanti ad altri personaggi, fino a eliminarlo e ad avvicinarsi poco per volta alla persona.
È il cammino inverso rispetto a quello delle antiche scuole teatrali: invece di andare dalla persona al personaggio - come volevano tali scuole - il panico tenta di giungere dal personaggio, quale è l'uomo (per l'educazione antipanica instaurata dagli “augusti”), alla persona che nell'uomo è racchiusa. Questo “altro” che si sveglia durante l'euforia panica, non è un fantoccio fatto di definizioni e di menzogne, ma un essere meno limitato.
L'euforia dell’“effimero” conduce alla totalità, alla liberazione di forze superiori, allo stato di grazia.
In sintesi: l'uomo panico non si nasconderà dietro dei “personaggi” ma si sforzerà di trovare il modo di esprimersi realmente. Invece di essere un bugiardo esibizionista, sarà un poeta in trance. (Intendiamo per poeta non lo scrittore da tavolino ma l’atleta creatore).
Sotto l'influenza della letteratura e delle altre arti “auguste” con i loro vecchi desideri di comporre e di durare, il teatro antico nega la sua stessa esistenza. IL TEATRO È EFFIMERO: mai una rappresentazione può essere simile alla precedente. È un'arte che, nel momento stesso del suo crearsi, si dissolve in un lontano passato. La lotta angosciosa che il teatro figurativo ed anche il teatro astratto hanno sostenuto in tutto il corso della storia per creare spettacoli “imperituri” e “riproducibili”, lo ha ingannato; invece di essere il tempio dell'ordine-disordine e dell'improvvisazione (una specie di fratello del jazz), è vissuto oppresso da quello intruso e assurdo dominatore della scena che è lo scrittore, e dagli “scenari”, bastarde esposizioni di pitture e sculture. Quando un pittore famoso realizza uno “scenario” entra in lotta con l’autore e talvolta ne usurpa lo scettro trasformando il resto dello spettacolo in un servile omaggio al suo “stile”, ecc.
Ma è possibile accettare il carattere effimero del teatro se lo si continua a rappresentare in uno spazio sempre uguale per ogni opera? Per ogni rappresentazione e necessario un teatro differente!
Si sostituirà l'uso degli scenari e dei costumi con oggetti vivi, effimeri quanto l'effimera euforia dell'ex-attore. Questi oggetti saranno presenti quale materiale distruttibile e costruttibile. La manifestazione panica sarà il risultato di una appassionata relazione con i suddetti oggetti. Anche i costumi saranno fatti di un materiale che possa essere trasformato, tagliato, allungato. Gli attori potranno entrare negli oggetti, farli esplodere dall'interno, potranno coprirsi di materia, rivestirsi con costumi collettivi, usare motori e luci, esprimersi, insomma, con materiale reale.
L'attore panico partirà, come nel jazz, da uno schema di massima e poi, nel corso della festa spettacolo, improvviserà, tuffandosi in ciò che è perituro. Userà la parola come una risultante del gesto corporale, mentre prima era il gesto ad esser subordinato alla voce... I movimenti dell'uomo panico, che terminano sempre nel grido, non esprimono idee o emozioni stereotipate: sono gesti euforici senza significato conosciuto; la voce è solo voce e non veicolo concettuale; senza tuttavia rifuggire dal manifestare un pensiero o un poema, se tale pensiero o poema fioriscono estemporaneamente per morire nello stesso momento. La musica, realizzata con strumenti-sculture (differenti per ogni rappresentazione), sarà improvvisata; e sarà anche la risultante della relazione tra i muscoli e l'oggetto, sonoro in questo caso, oggetto di cui ci si servirà non solamente dall'esterno ma anche dall'interno: possibilità degli strumenti musicali-costumi.
I materiali usati nell'effimero saranno preferibilmente di materia organica (ma senza impedire l'uso di qualunque altra specie di oggetti): membrane, uova, latte, legumi, sabbia, vecchi vestiti, legni, ossi, muschio, relitti, gas, bottiglie, carte, topi, polli, porci, vacche, pietanze cucinate, liquori, celluloide, rottami di ferro, carogne, ecc. Tali oggetti saranno utilizzati proprio in quanto materia, senza mai simbolizzare cose che “potrebbero essere”. Il rapporto emotivo dell'attore con questi oggetti sarà un rapporto reale e non simbolizzante.
Il problema del “cosa esprime questo attore?” richiede una spiegazione. È quindi necessario chiarire che l'effimero non si pone a priori il problema di esprimere una cosa o un'altra. Non cerca di sviluppare dei problemi filosofici, emozionali o morali, e prima di manifestarsi non possiede in sé alcun “messaggio” (positivo o negativo) né ha il desiderio di esprimere, per mezzo della festa-spettacolo, ciò che crede di essere o di non essere.
L'espressione panica è a posteriori e nasce dalle azioni improvvisate e non premeditate.
Espressione non concettuale ma operativa che ognuno può interpretare in maniera differente.
Tra i numerosi concetti che si riferiscono all'essere umano, alcuni sono costruzioni logiche del nostro spirito. E non si applicano ad alcun essere conosciuto da noi nel mondo.
GLI ALTRI SONO L' ESPRESSIONE PURA E SEMPLICE DELL'ESPERIENZA. A tali concetti Brigdam ha dato il nome di operativi. UN CONCETTO OPERATIVO EQUIVALE ALL'OPERAZIONE O ALLA SERIE DI OPERAZIONI CHE OCCORRE REALIZZARE PER ACQUISIRLO.
In effetti, ogni conoscenza positiva dipende dall'uso di una certa tecnica. (A. Carrel).
Lo spettatore e l’“augusto” sono prigionieri di un sistema corporale, emozionale e mentale, quotidiano.
Non escono dai loro venti gesti abituali, dalle loro poche emozioni, dalle loro definizioni trite e anguste. Le loro religioni e le loro credenze esistono a priori perché sono state inculcate da maestri che li hanno formati eseguendo quelle medesime costruzioni logiche
che avevano a loro volta ricevuto dai maestri. I loro gesti sono “atteggiamenti sociali”, movimenti che si sono imposti da se stessi per spirito d'imitazione e per paura di “non essere come gli altri”. Le loro emozioni, riflessi condizionati da parole non rispondenti alla realtà.
L'uomo panico cerca degli atteggiamenti fisici nuovi nella gamma infinita di posizioni che il corpo umano può adottare. Questo corpo è un tutto: ogni pensiero o ogni sentimento porta con sé una nuova posizione e, viceversa, ogni posizione provoca un sentimento nuovo.
Nuove posizioni gli permetteranno di scoprire nuove possibilità spirituali. L'uomo panico è uno sperimentatore: non si spaccia mai per mago. Percorre un chilometro, passo dopo passo, senza sapere dove va, solamente per tentare di avanzare. Se sul suo cammino incontra degli dei o dei demoni, si tratta di dei o demoni operativi, nati da una quantità di esperienze e non da credenze autoimposte. Illusioni.
In sintesi: l’effimero panico ha per scopo di liberare l'uomo dai suoi moduli quotidiani per permettergli, attraverso l'improvvisazione, di sviluppare la totalità del suo essere.
Se un esempio è necessario, tenteremo, cosa praticamente impossibile, di immaginare un effimero.
Supponiamo che l'effimero debba aver luogo in un palazzo di giustizia. Il governo del paese X ha abbandonato il suo carattere di augusto e ha messo a disposizione l'edificio senza paura della “indegnità”, dell’“irrispettoso”, dell’“impudico”.
La banda panica si riunisce. Si stabiliscono le idee di base. Il luogo, è chiaro, suggerisce una manifestazione sulla falsariga del processo. A questo punto lo schema è stabilito. Ci saranno l'accusa, l'accusato, la difesa, i testimoni, i giudici, gli avvocati, il pubblico, ecc.
Da questo momento, ci si occupa dei dettagli. Dettagli che qui, adesso, subiranno una limitazione, in quanto saranno manifestazione di un solo spirito individuale (il mio) mentre dovrebbero essere la risultanza di un pensiero collettivo. Il pubblico che assisterà al processo sarà formato da un’orchestra di ciechi, un gruppo di contorsionisti nell'esecuzione dei loro nodi in costumi stile ‘900, qualcosa come quattro dozzine di bebé dipinti di blu. alcune orfanelle, ogni specie di militari, un gruppo di invalidi senza gambe che, seduti sulle sedie a rotelle giocano al calcio con dei bastoni, ecc.
Dai buchi del soffitto possono apparire teste di donne che recitano, senza mai interrompersi, alcuni brani della Costituzione o parole di tanghi.
Sul banco dei giurati si metteranno dodici prostitute molto note del luogo, in tenuta da lavoro.
Come giudici potranno prender posto cinque dipsomani dediti alla loro occupazione abituale (bere la più grande quantità di alcool nel più breve tempo).
Sul suolo si stenderà uno strato di gelatina dello spessore di cinquanta centimetri, e da alcune corde penzoleranno una gran quantità di mobili di ogni stile.
Molte orchestre di rock saranno invitate e l'accusato sarà un vero cadavere circondato da studenti in chirurgia.

Pellicanolibri, 1978

Per iniziare l'udienza si aprirà l'addome dell'accusato. L'orchestra di ciechi inizierà a suonare e proseguirà per tutto il tempo dell'autopsia. Si distribuiranno schiaffi ai bambini affinché accompagnino con i loro pianti la musica popolare. Entrerà il gruppo della difesa e costruirà i suoi oggetti sculture, movimenti con degli strumenti, pitture, torte monumentali, ecc. L'accusa si assumerà il compito di distruggere questi e altri oggetti. Per esempio, potranno portare una “foresta” di manichini nudi e in una vera e propria orgia accompagnata dai più violenti ritmi rock, distruggeranno con lanci di pietra tutte le donne di gesso. Si inviterà un deputato autentico (che sarà all'oscuro di tutto) e gli si farà pronunziare un discorso mentre un professionista del tatuaggio eseguirà di fronte a lui la sua caricatura sui seni di una bella donna. È evidente che a questo punto le prostitute e gli ubriachi staranno già a loro volta recitando.
Il rappresentante del fisco, un campione di karate, si scaglierà contro il banco dei giudici e lo frantumerà a pugni. Branchi di ranocchie schizzeranno fuori dai buchi. Gli studenti di chirurgia le cattureranno con acchiappafarfalle, per metterle nell'addome del morto e ve le chiuderanno cucendole dentro. Due nani vestiti da Tarzan salteranno tra i mobili improvvisando un dialogo platonico. I militari a colpi di forbici per sarto svestiranno le orfanelle; e queste tireranno fuori dai loro sessi delle piccole foto ovali, in cui appaiono vestite da prima comunione, e le lanceranno come confetti.
Dal soffitto piomberà un pianoforte che andrà a fracassarsi sul banco delle testimonianze; sarà il primo testimone; poi cadrà un enorme porco vivo: il secondo testimone.
Lo si ucciderà, sarà acceso un fuoco con fasci di pratiche e lo si cucinerà al calore dei libri di legge. L'effimero si trasformerà in un banchetto.

A questo punto l'effimero, adesso impossibile da controllare, proseguirà la sua marcia senza freni, nell'euforia...