Luccjo Cammarata e Beppe Costa: Catania,
Guida ai monumenti, Muglia, 1974
Guida ai monumenti, Muglia, 1974
Una città che vanta antichissime origini apostoliche
parte terza
Rilievo del XVI secolo che sormonta la piccola porta che immetteva nel sotterraneo romano voluto dalla tradizione popolare dimora di S. Agata |
Le scoperte sulla Catania sepolta
non si fermano all’età greco-romana: tutta una serie di scavi ci illuminano
sulla sua storia paleocristiana sino all’epoca bizantina.
Una scoperta casuale si ebbe tempo
addietro in via Androne (archeologicamente una delle arterie più interessanti)
durante la costruzione d'un edificio (Casa Calderaro); venne alla luce un
mosaico appartenente ad un’antica costruzione ma che non è possibile datare in quanto
lo scavo si limitava ad una trincea. Secondo gli studiosi il fabbricato, del
quale venne trovato il pavimento limitato da un corridoio con le pareti a
grandi blocchi di pietra da taglio accuratamente lavorati, poteva essere una
chiesetta cristiana del primo periodo (IV secolo) dato che accanto alla trincea
apparivano sepolcri di quell’epoca costruiti con la medesima pietra.
Visto che la materia trattata è
apparentemente arida e lacunosa, cercheremo di mettere ordine fra le notizie a
nostra disposizione in modo da fornire il maggior numero possibile di dettagli,
e nella forma più interessante.
La città vanta una delle più antiche
comunità cristiane dell' isola; secondo la tradizione, infatti, S. Pietro inviò S. Berillo
nell’isola. Questa non è la sola leggenda riguardante la penetrazione del
cristianesimo nell'isola. Le leggende però non trovano alcuna convalida
storica, così come la narrazione di Luca relativa alla sosta di S. Paolo a Siracusa,
la biografia di S. Gregorio ad Agrigento, la passione di S. Felice, il martirio
dei santi Libertino e Pellegrino, Pancrazio e Agata.
Si tratta di leggende piuttosto documentabili
e databili negli anni dal 700 al 900, leggende che sembrano più che altro delle
agiografie romanzate. Più attendibili come testimonianze del nascere di
comunità cristiane sicule sono le tradizioni riguardanti il martirio del diacono
Euplio e di S. Agata, avvenuti durante le persecuzioni di Decio nel III secolo.
Di là dall’aspetto leggendario,
l’antica tradizione apostolica catanese trova una convalida nella famosa
epigrafe di «Julia Florentina» attestante la pratica del culto cristiano dei
martiri fin dagli inizi del IV secolo e l’esistenza di un «Martyrium» nella
città. Questa epigrafe (oggi conservata nel
Museo del Louvre) venne casualmente rinvenuta nel 1730 insieme ad altri materiali
andati poi distrutti in «un orto de’ Signori Rizzari» (come ricorda Ignazio
Paterno principe di Biscari nel suo «Viaggio per tutte le antichità della
Sicilia» del 1781) e, secondo gli attenti studi dei competenti, si trovava nei
pressi di via Androne e più precisamente lungo il lato Ovest di quest’ultima
(tenuto conto che all’altezza del numero civico 197 di via Etnea esiste una via
Rizzari, che collega via Etnea con la via S. Euplio e che quasi certamente
conduceva all’altura sino alla proprietà della famiglia che le dava il nome).
La preziosa epigrafe
ricorda un fatto prodigioso avvenuto ad Hybla: una bambina di diciotto mesi e
ventidue giorni venne battezzata in| punto di morte, e mentre i genitori ne
vegliavano la salma, una voce divina li riprese con; queste parole: «Per noetem
Maiestatis vox extitit, quae defunctam lament(t)ari prohiberet». Il corpo della
bimba venne inumato (sempre secondo l’epigrafe) «imper Prosbiterum in loculo
pro foribus Martyrium».
Una delle garritte spagnole sul lungomare |
Dalla menzione di
Hybla, il De Rossi fu portato a credere nel 1869 che: quella località fosse un
sobborgo di Catania e che vi si trovasse un cimitero cristiano con tombe dei
più illustri martiri, prima fra tutti S. Agata; successivamente
l’identificazione dell’antica Hybla Major con l’odierna Paterno escluse
quest’ipotesi, facendo ricercare il Martyrium in cui venne traslata la salma di
Julia Fiorentina a Catania, e più precisamente nel complesso cimiteriale di via
Androne e via Dottor Consoli.
Intorno alla suddetta
area, molte sono state le scoperte fatte in periodi diversi, durante la sistemazione
della rete stradale; è stata portata alla luce tutta una superficie un tempo
adibita a sepolcreto cristiano.
Fra le varie
esplorazioni del tipo su accennato, quella risalente al 1951 permise l’esame
dell’estremo margine occidentale della zona cimiteriale, permettendo altresì il
rinvenimento di mausolei pagani e cristiani. Nell’area di questi recinti vennero
rinvenuti i resti di una basilichetta con una navata a corridoio con corpo
absidale e tricora; all’esterno del muro superstite della navata si addossavano
le tombe e ciò, per l’appunto, ci fa supporre l'esistenza di un Martyrium.
Successive scoperte
degli anni ’53, ’54, ’56 e soprattutto del 1957 hanno permesso l’ampliamento
della conoscenza della necropoli e l’individuazione a Nord del piccolo
Martyrium di una seconda basilica, sovrapposta alle tombe, parallela alla precedente
e col medesimo orientamento. Anche questa piccola basilica, come la tricora,
poggiava all’esterno su numerose tombe mentre, all’interno dell’abside, la
struttura appariva molto regolare per la presenza di un rivestimento in blocchi
di pietra. Lungo la curva del muro correva un gradino continuo che faceva da
base a un banco presbiteriale in muratura con un’altra spalliera di tipo
semicircolare. Al centro del banco, un corpo sporgente segnava il posto della
cattedra episcopale.
Le origini del cristianesimo
catanese sono illuminate dalla figura di S. Agata; a questo proposito citiamo un
rilievo che sormonta una piccola porta, in via Museo Biscari, databile circa al
1500, porta che immetteva in un locale sotterraneo di tarda età romana: questo
locale, secondo la tradizione, sarebbe stato la casa natale della Martire.
In questo periodo la Sicilia subisce
innumerevoli incursioni barbare quali quelle dei Vandali e degli Eruli; poco si
sa degli avvenimenti della storia catanese di quest’epoca, tranne il ricordo di un’autorizzazione concessa
dall’imperatore Teodorico durante il periodo gotico, autorizzazione che permetteva
ai catanesi di servirsi dei materiali dell’Anfiteatro (che era in stato di abbandono)
per erigere nuove costruzioni.
Portale gotico-catalano dell'ex chiesa di S. Giovanni di Gerusalemme in via Cestai |
La tradizione cristiana e la fedeltà dei cittadini alla Chiesa di Roma
assunsero, nel corso degli anni un carattere esemplare: basti dire che spesso i vescovi catanesi si schierarono
addirittura contro la Corte
di Bisanzio appoggiando il Papa.
È noto inoltre il fiero atteggiamento dei vescovi
catanesi contro le eresie; citiamo a proposito i nomi di Giacomo, accanito
oppositore dell’iconoclastia e morto nella lotta contro questa eresia (nel XVII
secolo i catanesi lo proclamarono loro patrono), del saggio Teodoro (organizzatore
del concilio di Nicea nel 787), di Leone II il Taumaturgo, fiero oppositore
della magia e di cui sono note le lotte col mago Eliodoro che sconvolgeva, con
le sue visioni, la vita cittadina e che la leggenda vuole legato alla immagine dell’elefante,
divenuto poi simbolo di Catania.
Nel 535 la città venne
occupata dai Bizantini di Belisario, e fu la prima città a cadere sotto il dominio
straniero in Sicilia.
Sotto il dominio
bizantino Catania assunse grande importanza: basti ricordare la Zecca che l’imperatore Maurizio
Tiberio vi fondò e le magistrature che vi ebbero sede.
Sono comunque
scarsissimi i monumenti bizantini visibili nella città; più che altro sono dei
ruderi senza importanza. Unico documento della dominazione orientale sono tre
icone in pessimo stato di conservazione ma che hanno per noi grande rilevanza storico-artistica.
Prima fra queste è la tricora di via S. Barbara databile al VI secolo e quasi
certamente appartenente a un edificio di culto fortemente legato, per le sue
forme alla tradizione architettonica classica. All’incirca dello stesso periodo
è la basilichetta scoperta nel 1925
in località Monte Po; di essa ci restano avanzi di mura
e resti di mosaici. Ma l’opera senz'altro più interessante è la cappella del
Salvatorello, appartenente all’VIII secolo e di cui ci restano i ruderi; di
questa cappella, a pianta centrale, sono state messe in luce le strutture che
si trovano visibili all’interno di un palazzo settecentesco in via Bonaiuto.