In principio era la scimmia di Iago



 Peli, istinto e rabbia. Questo eravamo milioni di anni fa. Le recenti discussioni scientifiche convergono nello stabilire che ominidi simili migrarono dal continente africano per colonizzare l’Eurasia.
Iago al Liceo di Castellammare di Stabia
Le certezze sono proprie della verifica, i resti umani trovati e i manufatti lasciano pochi dubbi in merito e analizzando questi ultimi (diversi dei quali in mio possesso), rimango colpito dall’intenzionalità. L’arte nasce da una banana: tale affermazione lascerebbe un accademico senza parole (non è che poi ne abbia molte), i primi approcci, le primissime astrazioni non sono opera delle avanguardie ma merito d’una pseudo-scimmia: i primati hanno il primato.
Magari un giorno vedremo Cita in fila alla SIAE per chiedere i diritti, e nascosti Gino Paoli e Mogol con un fucile da caccia pronti a farla fuori.
Torniamo all’intenzionalità, tale magnifica spinta propria dei più grandi artisti della storia, è un lascito fondamentale della visione che i nostri antenati avevano della vita e da qui, come disse Mosè: separiamo le acque.
L’intero patrimonio di strumenti su selce (pietra silicea per eccellenza) è il risultato della necessità di rispondere alle crescenti pressioni ambientali, un continuo dialogo tra uomo e istinto, mediato dalla ragione. Gli innumerevoli modi di scheggiare la pietra cosa sono se non le prove di una pratica artistica finalizzata all’affermazione della specie?
E qui torniamo ai nostri giorni; i peli sono diminuiti, l’istinto ha conosciuto la dolcezza e la rabbia è diventata genocidio programmato.
E l’arte come trova posto?
Il teorema più diffuso è che non sia necessaria, non è indispensabile alla vita. Il mio parere, da semplice appartenente alla tribù delle scimmie, cozza violentemente con quel teorema.
Una poesia, una sinfonia, un dipinto, migliorano la vita proprio come l’uso di quelle pietre, osservate, comprese, minuziosamente valorizzate, permise l’affermazione di una volontà.
Creazioni che hanno garantito la nostra presenza oggi, al pari dei dipinti su parete e su pietra libera, scene di caccia e di vita pastorale.
Indispensabili: questo è il termine corretto.
Rimane una questione di sopravvivenza e non di gusto o tendenza. Quando l’arte è un diletto e l’orpello attenua i giudizi, la lungimiranza della persona è pronta per la ghigliottina.
Vogliamo guardare al futuro con occhi accesi? Facciamo come l’Homo Erectus che non cercava applausi ma segni di incerta prosperità.


HOMO

Mi ricordo 500 mila anni fa
di un calore nuovo
procedeva per lingue distorte e toni decisi.
Eravamo pochi intorno a lui, non parlavamo
lo avremmo fatto millenni dopo.
Liberammo il fuoco dalla giurisdizione divina
e lo donammo agli altri,
il sonno era corto come le nostre braccia
i sogni li rubammo al dormiente
durante la stagione fredda.
Creammo oggetti d’ogni sorta
e l’arte nuda, intenzionale mai egoista
i cimiteri furono una nostra idea
tenevamo in custodia piccoli e anziani,
gli infermi erano magiche sacralità.
Cacciammo l’orso dalla grande caverna
e la tigre divenne docile compagna
avevamo un regno
che ora non ho più.