Naim Araidi: Quattro poesie


In Cina

Sabato 17 gennaio Liceo Caccioppoli, Scafati ore 10
Sabato 17 gennaio  Circolo Nautico, Castellammare di Stabia,  ore 18,30
Lunedì 19 gennaio, Liceo Tacito, succursale, Roma, ore 10
Martedì 20 gennaio scuola media Garibaldi Aprilia, ore 9.30 e ore 11.30
Martedì 20 gennaio Simposio - Libero Incontro, Anzio, ore 16,45
Mercoledì 21 gennaio, Pellicanolibri, Roma, ore 18
Giovedì 22 caffè Voltaire, Roma, ore 20,30



(a)
I bambini in tenera età si fissano occhi dentro gli occhi,
e parlano l’uno all'altro
nel silenzio fragoroso del linguaggio della morte.
Non riuscivo a capire:
i bambini in tenera età vivono
e ancor più teneramente vanno alla morte.
Così il poeta scriveva
non in ebraico, non in arabo né in un'altra lingua,
i bambini massacrati non hanno lingua,
come il cielo testimonia.
Sembrava parlassero
ma non riuscivo a capire,
i bambini in tenera età vivono
e ancor più teneramente vanno alla morte.
Così il poeta scriveva.
Mio Dio, che sei stai in cielo,
che comprendi molto di più
tutto ciò che con la tua saggezza hai inventato,
la tua sapienza mi sovrasta,
e non ti accuso.

(b)
Per un momento cose che non devono 
essere dimenticate vengono dimenticate:
l'uomo possiede la ragione,
l’animale il cervello,
ma non sono sicuro
per chi dei due sarebbe più facile capire,
quando il poeta rivela,
il crudele segreto della morte.
Morte qui, morte là,
un bimbo qui, una bambina là,
figlia qui, figlia là,
strappati alla vita condotti alla morte:
un pianto non ancora iniziato,
un pianto non ancora finito.

In tempo di guerra la mia voce grida

In tempo di guerra la mia voce grida
e l'inchiostro si asciuga sulla mia penna.
Ma in ogni caso
non sarà con me.
Quando finisce la guerra
so che il dolore si scrive.
Nel frattempo gli aerei volano
sopra la mia casa.
E in tempi di guerra non sappiamo
cosa dire ai soldati
che sono caduti,
Io combatto lo speaker quando,
conta i morti mentendo, l’ipocrita:

in tempo di guerra la mia voce grida
quando ogni forma mi passa davanti,
non resta che spogliarsi
durante questa lunga assenza.
Nel frattempo mi abituo al silenzio
come far passare la guerra in pace,
e ottenere la pace dalla guerra
in ogni caso non si conosce il pianto
si scrive,
finalmente ti spogli
e mostri i segni,
di quello che hai lasciato
da Pellicanolibri, Roma
e ciò che rimane
pur tuttavia in tempo di guerra
continua a gridare la mia voce.

Ritorno al villaggio

Sono tornato al villaggio,
dove ho imparato a piangere per la prima volta.
Ho rivisto la montagna
paesaggio dove la natura
si genera senza la necessità della fotografia,
ho rivisto la mia casa in pietra,
pietre scolpite sulle rocce dagli antenati.
Sono tornato su me stesso
-questa era la ragione.
Sono tornato al villaggio.
Perché ho sognato un parto difficile
col zatar *, che si è aggiunto al mio dizionario poetico,
e un parto ancor più difficile
l'udito in un rocciosa, terra deserta,
perché lì ho sognato la nascita dell’amore.

Sono tornato al villaggio
dove ho trascorso la mia vita precedente,
radicalmente migliaia di vite
nella buona terra,
finché giunse il vento
mi spinse via riportandomi
a quel tempo quando ci si pente.
Ahimè, il mio secondo trentesimo sogno,
su strade che non esistono più
dove le case che crescono più alte come la torre
di Babele,
ahimè, i miei sogni pesanti
-Colpire le vostre radici dove più nulla crescerà!
Dove sono i figli della povertà,
dov'è il mio paese, il villaggio che conoscevo,
dove sono i nomi che indicavano i percorsi
sono adesso divenute strade asfaltate;
Moniga del Garda: Naim con i suoi traduttori nel marzo 2014
Ahimè, il mio piccolo paese, s'è trasformato in una città distesa.

Sono tornato al villaggio,
dove è morto l'abbaiare dei cani
e il piccione è diventato un semaforo.
Tutti i fellah che avevano voglia di cantare la canzone dell'usignolo fra mucchi di fieno, sono diventati operai 
con lo smog in gola,
dove sono tutti quelli che più non vedo;
Ahimè, il mio sogno pesante,

Sono tornato al mio villaggio,
la cultura galoppante,
mi fa tornare al villaggio
come qualunque straniero che viene dall'estero.

(* Zatar: miscela di spezie usate dagli Arabi).

a Farid Al-Atrash 

Ho ascoltato le tue canzoni in ogni giorno di tempesta,
sentivo la tua enorme tristezza
anche se non ti sono mai stato vicino
al Cairo.
Nelle mie poesie ho trasferito quel dolore 
che lentamente emettevi
dalle vene degli accordi che avevano fame 
e facevano male subito;
quando eri solo
non potevi fermarti nella tua casa
sulle montagne dei Drusi
sulla strada che va dall'Egitto al Libano
perché ti avrebbero accusato di tradimento.

*(ottobre 1910 – 26 dicembre 1974) è stato un grande
e noto compositore, cantante e attore siriano.

Naim Araidi (Maghar, 1950-2015) è un poeta, insegnante e diplomatico israeliano.
Appartiene alla minoranza religiosa dei Drusi.
Giovanissimo si è trasferito ad Haifa per completare la sua istruzione fino ad insegnare nella stessa Università e in quella di Bar-Ilan, quindi al Gordon College of Education e all’Università Araba per l’Educazione in Israele.
Come giornalista ha presentato programmi settimanali su Channel 2: sia per bambini che notiziari. Ha fondato la rivista Al-Aswar.
Nel 1999 ha ideato e fondato il Nissan Poetry Festival in occasione della seconda Intifada, con l’intenzione di stabilire un canale di comunicazione fra le diverse religioni che popolano il Medio Oriente; in questa occasione poeti di tutto il mondo si incontrano a Maghar con altri poeti e giornalisti arabi e israeliani.
Ha vinto diversi premi internazionali, ricevuto due lauree honoris causa, scritto libri per bambini, poesie e opere scientifiche in ebraico e in arabo, molto è stato tradotto in altre lingue.
È stato ambasciatore d’Israele in Norvegia.