Mi guardo indietro, cosa nociva per uno che
esplode il presente, trattengo il fiato, gli occhi vedono la pelle delle
palpebre. Penso alle mie scelte, mai semplici e spesso in contrasto con la soluzione
accomodante.
Potevo accettare la carriera di manager, vi
garantisco che non mi mancano le doti classificate come necessarie per
primeggiare nelle riunioni aziendali, ho tutto quel che serve per avere
successo. Il successo non fu quel che successe. Sono una stortura, un qualcosa
che non doveva esistere per quel che oggi è.
Procediamo per gradi: provengo da una famiglia
normale, scuole medie svolte in modo normale, sufficiente in ogni materia. I
professori consigliano ai miei genitori di iscrivermi in un istituto
professionale; un modo educato per dire che non ho nessuna qualità. Così fanno
e così mi adeguo.
Impiegherò 6 anni per prendermi il diploma di
perito elettronico, replico due volte il quinto e all’esame finale consegno in
bianco la prova scritta di elettronica. Mi presentai in pigiama e pantofole,
aspettai l’appello, firmai e me ne tornai a casa, venni salvato dalla prova di
italiano, presi buoni voti sia allo scritto che all’orale.
Non sono padre forse un giorno lo sarò.
Mi iscrissi all’università, dopo 5 anni e 11 esami abbandonai gli studi. Iniziai
la vita nel mondo lavorativo, passando per ogni livello di inquadramento, dal
manageriale al facchinaggio, scaricatore di porto compreso. Durante questa
lunga processione di assunzioni e licenziamenti, avevo a cuore solo una cosa:
la mia salute mentale. Ho letto molto, forse troppo per uno che non aveva
qualità (come dissero i miei professori), ho mangiato carta, divorato nozioni,
ascoltato i colori dei pittori, le composizioni dei maestri e i disturbi dei
folli, cercati e conosciuti al buio delle ore più fredde. Etologia, zoologia,
astronomia, letteratura, testi sacri e pornografia.
Ero consapevole che questa enorme cascata di
sensazioni un giorno avrebbe bagnato il mio deserto, non sapevo però il modo,
che arrivò al termine di quella notte, strana dolce e tremenda notte.
Non sono padre forse un giorno lo sarò.
Oggi sono un poeta, è una scelta definitiva, con
tutto ciò che il termine include. Ho abbandonato il lavoro, non mi sento un
disoccupato, anzi lo studio dell’arte poetica mi prende gran parte della
giornata. Sento di progredire nella mia scrittura, mi sono posto dei percorsi e
li seguirò, non mi interessa la meta; d’altronde la mappa ti dice come
arriverai non se arriverai.
La vita dei poeti è particolare, unica nel bene
e nel male. Ai riflettori preferisco la riflessione, quella sensazione di
privato smarrimento che porta lontano dalle appartenenze; ai microfoni
preferisco gli sguardi, occhi che non mi nascondono nulla, che mi trasmettono
un resoconto di antica stirpe.
Non sono padre forse un giorno lo sarò, ma a
quella persona di certo dirò: non fare come me. A nessuno auguro di sconfiggere
se stessi.
al Liceo Marconi di Sassari in POESIA&AZIONE al Festival OttobreinPoesia, 2014 |
Nome d’acqua Roberto Sannino, poeta. Nel 2006
vince il premio Fonopoli di Renato Zero, con la lirica “Il biancospino”, che da
il titolo alla sua prima silloge edita. Seguono (editi da case editrici non a
pagamento), "Negativo a colori" (2008), "Delirium
Tremens" (2009), "L’alibi perfetto" (2010), "Concerto
per carta e inchiostro" e Fabian 2011. Preferisce
portare la poesia verso le persone, sceglie luoghi ed eventi popolari, nei
quali scrive in presa diretta e regala fogli d’inchiostro ai convenuti.
Tiene corsi di introduzione alla pratica poetica
per circoli letterari, scuole e strutture comunali.
Organizza eventi letterari, ultimo in ordine di
tempo “Colosseo e altri luoghi” (presentazione del libro con inediti di Dario
Bellezza.
Di prossima pubblicazione “ La
famiglia dello scalzo” opera in versi (Edizioni Seam).
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