C'è
sempre un luogo dell'anima dove parte di te rimane a lungo nel tempo e nello
spazio. Te ne allontani a volte, cerchi distrazioni altrove, cerchi, viaggiando, un posto simile, inutilmente, eppure c'era solo tanto verde, circondato da
colline e faticose salite.
Ogni
passo andava misurato e il silenzio era interrotto dalle foglie o da qualche
uccello che nelle notti stellate intravedevi appena. La porta d'ingresso della
tua camera la tenevi per questo socchiusa; nessuna interferenza, nessun timore
di parlare troppo o per niente così che ti sentivi in compagnia costante e al
tempo stesso solo nei tuoi pensieri.
Il
pensiero più frequente, quello di doversene riandare, si fondeva col tempo
trascorso anche se qui le giornate apparivano lunghissime.
Qualche
volta aspettavi il ritorno di Marco, medico e scultore di pietre dure; il
ritorno coincideva con la cena e nei giorni festivi anche nel pranzo.
Poche
le parole, come sempre, ma precise, delicate, con qualche accenno alle letture
che avevano inciso più di altri. Pranzo o cena si svolgevano in una sorta di
museo, attorniato da un grande affresco che ricordava il tempo di quando mi
occupavo di pittura, quello degli anni '60 e '70 nel periodo, mai
rimpianto, catanese.
A circondarmi nella casa e fuori tutta una serie di oggetti raccolti negli anni che raccontavano l'amore fra Marco e Rosana. Spesso si aggiungevano i suoni e le melodie
brasiliane e forse, anche questo, mi faceva sentire in famiglia riportandomi
agli anni giovanili, alla poesia di Vinícius de Moraes e ai romanzi di Jorge
Amado, come Terre del finimondo o Jubiabá.
Julio
Cesar figlio voluto e adottato dalla coppia Rosana e Marco, cui la madre dedica
questa tenera e giusta "lettera" che mi sento in dovere di riportare:
Gli "attrezzi" |
"Cosa sarebbe una lettera scritta a
pugno a un figlio in questi tempi informatici…Ah, figlio mio, abbi pazienza con
tua mamma lunatica e cosa dire, pure poeta… Ho bisogno dei versi per agganciare
le mie emozioni…Tu, adesso sei cresciuto alla sfuggita dei miei occhi. Molte
volte non mi perdono per non avere fermato la mia frenesia per osservare la tua
crescita e non notare il cambiamento del brillo dei tuoi occhi, della
rivoluzione dei tuoi pensieri, dell’antagonismo ripetuto: Mamma non sei il
centro dell’universo. Figlio, amato, non sono perfetta! Non ridere, perché tu
lo sai che è una frase così scontata e che non direi mai! Però quanto è vero e
davanti a tutte le imperfezioni della vita e del mio essere vorrei chiederti
umilmente di aiutarmi a crescere insieme a te, perché tu sei il figlio che ho sempre
desiderato...]”
Leonardo e Salvador |
A
Rosana, Marco, Julio Cesar si aggiunge il nipote Sereno (mai nome fui più
azzeccato!) una presenza costante, silenziosa ma quando serve avrete un vulcano
a sostegno di qualsiasi necessità.
Come dicevo, i miei passi sono difficoltosi e l’immenso piacere appena
descritto non ha nulla a che vedere con chi può provare le scarpinate dei
dintorni ricchi di boschi o soltanto la discesa verso la piscina in fondo al Molino con relativa
risalita verso il ‘teatro’ appositamente messo su da Marco con la pazienza di
un muratore, la precisione di un ingegnere e la maestria di un artista. Tutto
in uno!
Certo
la natura fa del suo meglio per creare i luoghi ma sono poi gli umani
incaricati di mantenerli ed è questa la caratteristica del Molino del Gobbo che si rispecchia in tutto il paese di Sant’Agata Feltria con l’architettura della
sua piazza centrale, dove spicca per bellezza un delizioso piccolo teatro
restaurato e tenuto in funzione e attività grazie al lavoro di alcuni
appassionati cittadini cui ho avuto il piacere di stringere la mano.
Le pietre, ben visibili, opera di Marco |
La
caratteristica principale però è quella degli incontri: vista la poesia che
esprimono luoghi e persone chiunque arrivi si sente a casa propria e ha voglia
di raccontare e raccontarsi con una familiarità che probabilmente deriva anche
da tutto ciò che circonda, dai libri agli animali, dove spiccano più di altri Salvador
Dalì e Leonardo Da Vinci.
Naturale
che appare, e c’è marcata, la complicità della poesia. Scorrendo anche nei
tanti commenti che accompagnano il sito o ne fanno da ‘complice’ ho trovato che
molti concordano soprattutto su due cose: sentirsi a casa e la serenità dei
luoghi.
Ma
certo! I luoghi sono sereni se non distrutti dall’umana malvagità o avidità e
qui, a parte un parcheggio più ampio, non manca davvero nulla.
Mi
veniva in mente un film di Walt Disney (senza scempi!) a vedere le oche
passeggiare sul finire della sera. Poi arrivare persone entusiaste da ogni
parte d’Italia e tutti recidivi: tornavano sui luoghi amati ed è come una
grande famiglia che si riunisce ogni tanto che, in genere, non accade più.
A
questa grande famiglia mi sono legato e non vedo l’ora di tornare.
Dove,
fra l’altro ho scoperto e letto alcuni autori che, malgrado l’esperienza e la
voracità, non conoscevo ancora… eppure!
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