Lietocolle, 2016, pag. 54, € 13.00 ISBN-9788878489721 |
Chissà se
qualche “critico attento” troverà il modo di complicare la lettura di questo
splendido piccolo libro, visto che sembra ormai il passatempo preferito di
molti che scrivendo cercano l’esibizione della e sulla parola, spesso facendo smarrire
il significato più reale ed emotivo che la parola del poeta provoca, mortificando, se non uccidendo lo stesso autore che qui, esemplare, come in un mondo ormai perduto che talora definiamo classico, ma che, in effetti è ed è soltanto il comunicare sentimenti emozioni turbamenti che tutti, intendo tutti, in poesia, debbano comprendere.
Accade, anche
se raramente, che libri di poche pagine ti rispecchino, ti intrighino e ti
spingano a leggerli più volte. Quando si dice che il libro può un amico fidato! Tenerli poi a portata di occhi per cercare di
volta in volta le prove che sia tu, davvero, il destinatario.
O, almeno,
aggiungerti ad ogni accadimento che riguarda il primo dei tanti (auspicabile!)
destinatari, l’Autore.
Tutto ciò che
lo riguarda, ti riguarda: dolori, emozioni, naturalezza degli eventi scorrono
fra le tue mani e si infilano per sempre nel tuo pensiero. La grandezza di chi
scrive sta proprio in questa facoltà (quasi ormai rarità) di farti sentire
partecipe e vittima, protagonista e antagonista al tempo stesso e tutto ciò che
leggi ti appartiene e ti è accaduto.
Contemporaneamente
sei uomo e donna che scrivi e vivi ciò che quasi mai riesci neanche a ricordare
o affondi nella memoria di quelle poche gioie fugaci che la vita ha concesso.
“ti utilizzavo ancora nel reiterarsi
dell’insonnia
nascosto neanche bene dentro qualche verso”
Ogni pagina,
seppur breve, riesce a squarciarti dentro, riportando alla memoria più di un
ricordo sommerso fra i tanti, che esplode in tutta la nitidezza dell’accaduto,
e non è accaduto ieri.
“in fondo mi accudisci in un modo che
sarebbe piaciuto
a uno qualunque dei tuoi cani”
L’ultima riga
del testo:
“Chissà che tempo fa nel mondo dei vivi”
e non è,
forse, questo che ogni giorno gli umani dovrebbero chiedersi? le guerre che
devastano fuori e dentro casa ci riportano in ogni pagina quella durezza delle
vita reale, fatta sì di alcuni rari momenti quando il pensiero “finalmente”
riposa, o dovrebbe, cosa che però non accade facilmente a chi scrive per
migliorare e migliorarsi.
“Leggevamo insieme le istruzioni di
montaggio
della scatola dei vivi
avevamo pensieri ancora peggio di noi”
Anche quando appare
chiaro un ‘altro’ responsabile, Lettere A D. indica con chiarezza la
responsabilità del ‘mittente’.
Un epistolario
intenso e dolente ma che allo stesso tempo richiama e ci ricorda quanti autori
con questa formula -quasi del tutto abbandonata- hanno lasciato il meglio di
sé.
Un piccolo
grande invito a leggere per ricordarsi quanto siano colme le proprie stanze e
quanti bagagli spesso, noi tutti, sembra abbiamo dimenticato in qualche
stazione ormai dismessa.
In queste
pagine anche il Destinatario più distratto può ritrovare qualche bagaglio
smarrito.
beppe costa
Si occupa di letteratura e promozioni culturali di vario tipo, collaborando a varie riviste cartacee e telematiche.
Fra le pubblicazioni più recenti:
con Lieto Colle: Quaderni dell’impostura (2008), Appunti di un falegname senza amici (2013), e con Manni: La stanza della poche righe (2010).
con Lieto Colle: Quaderni dell’impostura (2008), Appunti di un falegname senza amici (2013), e con Manni: La stanza della poche righe (2010).